Anna Boden – USA, 2010

“Chi non è impegnato a vivere,
è impegnato a morire”

Non è facile chiedere aiuto. Non è facile guardare al di là del proprio dolore quando ci si sente sopraffatti dalla vita. Non è necessario un evento traumatico – visibile – per farci sprofondare nella depressione, per privarci della volontà di vivere, per spingerci alla resa.

Craig ha sedici anni, buoni risultati a scuola, una famiglia nella media, qualche problema con le ragazze: tutto nella norma, sembrerebbe. Tuttavia, non è così. E lo capiamo subito, dalle prime inquadrature del film, quando lo vediamo sporgersi pericolosamente dall’orlo di un ponte, annichilito ed intenzionato a porre fine alla propria vita.
Viene dissuaso dal gesto estremo, ma l’impulso suicida resta in lui e – fortunatamente – lo spaventa molto. Tanto da spingerlo a chiedere aiuto. Si reca al più vicino Pronto Soccorso e chiede di essere ricoverato. Il reparto psichiatrico per adolescenti è chiuso per ristrutturazione e Craig finisce in quello per adulti, dove incontrerà diversi personaggi speciali, che lo aiuteranno ad apprezzare gli aspetti positivi della vita e a ritrovare la determinazione a farcela.

“5 giorni fuori” ha il grande merito di trattare un tema difficile con i toni della commedia, senza banalizzare, ma mantenendo un taglio positivo.
Il film è tratto dal libro Mi ammazzo, per il resto tutto ok di Ned Vizzini. Si tratta di un romanzo con numerosi spunti autobiografici: lo stesso autore, infatti, ha sofferto di depressione e da ragazzo si è rivolto ad un centro psichiatrico per ricevere sostegno.
Purtroppo però Ned Vizzini non ce l’ha fatta. Nel 2013 – a trentadue anni – si è suicidato gettandosi da una finestra della sua abitazione a New York. Segno che a volte la vita non va come vorremmo. Forse, se avesse avuto ancora la forza di chiedere aiuto, ce l’avrebbe fatta, proprio come Craig.
Perché c’è sempre una soluzione per ogni problema, sempre.