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Olimpiadi e fair play: Phelps e Hamblin

Ogni anno il 6 aprile si festeggia la “giornata mondiale dello sport per lo sviluppo e per la pace”. Questo evento è molto importante perché si cerca di sensibilizzare su una tematica importante come il fair play. 

Ebbene, questa giornata che è stata istituita nell’agosto del 2013 delle Nazioni Unite, vuole proprio ricordare gli esempi di fair play nello sport con una particolare attenzione a tutti quegli episodi che fanno capire quali sono i veri valori alla base delle competizioni. Un esempio storico e che vale la pena citare tra quelli più famosi di fair play, riguarda quanto è avvenuto nel corso del Olimpiadi di Atene del 2004.

La scelta di Michael Phelps: il gioco di squadra

Tra gli esempi di fair play nello sport diventati più famosi nella storia delle Olimpiadi vi è quello che ha come protagonista Michael Phelps. Parliamo delle Olimpiadi di Atene del 2004, quando lo sportivo riuscì a portare a casa dei risultati molto importanti. Michael Phelps è un ex nuotatore americano che veniva chiamato “The Baltimore bullet” ovvero il “proiettile” della città di Baltimora.  Era molto veloce ed è ad oggi l’olimpionico più decorato della storia per il suo quantitativo di medaglie d’oro vinte, sia per le competizioni individuali che di squadra.

Nel 2004 quando si trovava a gareggiare ad Atene, aveva appena 19 anni. Con già quattro medaglie d’oro al suo attivo per avere vinto tutte le gare in cui si era cimentato. Sta per iniziare la quinta gara, quella della staffetta a squadre. Michael Phelps si ritira prima di cominciare. Sa che la sua squadra è forte, e che vinceranno anche senza di lui. Egli decide dunque di lasciare spazio ad un suo compagno di squadra, per dargli l’occasione di salire sul podio di Atene. Il suo posto in squadra va in favore di Ian Crocker, un amico e collega che non era ancora riuscito a vincere una medaglia d’oro.

La scelta di Phelps

La scelta di Michael Phelps lasciò tutti interdetti. Rinunciò ad un (grande) risultato personale in favore della sua squadra. Dopo tutta la fatica, gli allenamenti e i sacrifici compiuti, egli riteneva giusto che tutti i componenti della squadra avessero l’occasione di vincere l’oro e di dimostrare il loro valore.

Il gesto di Phelps oltre a valorizzare lo spirito di squadra, denota grandissima umanità e rispetto nei confronti di un collega, amico e sportivo come lui.

Di fatto la squadra statunitense vinse l’oro per la staffetta 4×100, ed Ian Crocker con tutta la squadra al suo fianco, salì sul gradino più in alto del podio.

Phelps oltre alla gloria per le sue conquiste sportive, venne lodato per la sua grande umanità e per il suo spirito di condivisione. In pochi avrebbero fatto quello che ha fatto lui. Il suo fair play va portato come esempio a tutti gli sportivi.

Il caso Hamblin: il rispetto per gli avversari

Un altro caso di fair play sportivo si è verificato durante le olimpiadi di Rio nell’anno 2016. Durante la gara di podistica di 5mila metri, un malessere fisico fa rallentare improvvisamente Abbey D’Agostino, la quale cadendo a terra colpisce anche la sua avversaria Nikki Hamblin. La cosa ovviamente è fortuita ed assolutamente non voluta. La Hamblin, mentre si rialza capisce che la D’Agostino si è infortunata. Decide dunque di fermare la sua corsa per aiutare la collega a rialzarsi. E così entrambe portano a termine la gara.

Al termine della competizione la D’Agostino soccorsa d’urgenza per l’infortunio subito, ma prima di uscire di scena ringrazierà con tutto il cuore la sua antagonista, definendola “lo spirito olimpico fatta persona”.

Non era importante il risultato, quello che importava erano le atlete, la loro preparazione ed i loro sacrifici per essere arrivate fino a lì.

Episodi come questi fanno capire quanto sia importante lo spirito di squadra, il rispetto per i propri avversari ed il fair play in generale.

Il rispetto per il prossimo, lo spirito di gruppo, l’amicizia e la solidarietà sono alla base di qualunque vittoria che si può avere, non solo nello sport, ma anche nella vita.

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