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Sindrome di Pfeiffer, perché viene e come si manifesta 

La sindrome di Pfeiffer è una malattia rara (viene diagnosticata ogni 100 mila nascite) ed è una malattia genetica che si caratterizza con la presenza di acrocefalosindattilia, accompagnata da craniostenosi bicoronali e di malformazioni alle parti finali degli arti (mani e piedi) di gravità diversa a seconda del soggetto e altre situazioni correlate. Esistono tre varianti della malattia: quella di tipo uno è la meno diffusa: è caratterizzata da una ipoplasia facciale medio grave, anomalie varie di mani e piedi ed uno sviluppo cognitivo relativamente normale.

Le sindromi di Pfeiffer del tipo due e tre sono le più diffuse e sono accompagnate da sintomi più gravi quali proptosi estrema, stenosi oppure atresia delle coane oltre che idrocefalo e convulsioni; comportano difetti nello sviluppo cerebrale del bambino, e cheratopatia da esposizione, sordità a volte simmetrica a volte bilaterale, l’esorbitismo, la possibile ostruzione delle vie aeree ed anche apnea ostruttiva del sonno. Il tipo due oltre ai sintomi già evidenziati presenta anche il cranio trilobato.

Maschi e femmine possono essere colpiti in eguale misura: la sindrome spesso (ma non sempre) si associa alla mutazione dei geni FGFR1 e FGFR2. Il fattore principale delle mutazioni sembra essere dato dall’età paterna troppo avanzata. I geni coinvolti nella mutazione hanno uno sviluppo non corretto durante lo sviluppo dell’embrione e comportano una chiusura anticipata delle suture del cranio.

La craniosinostosi (definita anche cranio a trifoglio) è uno dei segnali più evidenti della sindrome, accompagnata da disformismi facciali ed a volte da malformazioni a mani e piedi. Di solito questi segni evidenti vengono evidenziati nel periodo prenatale con una semplice ecografia.

Laddove si evidenzino tutti gli indizi utili a diagnosticare la rara sindrome di Pfeiffer si può procedere a delle analisi molecolari che possono identificare la mutazione patogenetica dei geni portatori della malattia.

Laddove ci siano i presupposti si può procedere anche ad effettuare una analisi molecolare prenatale, anche se il test genetico quando viene utilizzato nelle gravidanze con basso rischio hanno purtroppo un basso valore di prognosi. Solo a seguito di segni clinici evidenti si possono usare le immagini prenatali.

Ovviamente le famiglie che si trovano ad affrontare una malattia di questa portata dovrebbero ricevere assistenza specializzata a livello genetico. In casi di gravità minore di sindrome di Pfeiffer ci sono documentazioni che attestano l’avvenuta trasmissione autosomica dominante da parte di uno dei genitori della malattia. Nei casi più gravi invece molte delle mutazioni sono “de novo” (non trasmesse) ma di fatto avvenute.

Il trattamento di un paziente affetto da sindrome di Pfeiffer è ovviamente relativo ai sintomi e volto alla correzione dei segni dati dalla malattia. Ovviamente l’approccio sarà multi disciplinare e comporterà pianificazioni di interventi chirurgici e terapie volte a migliorare non solo l’estetica ma anche la qualità della vita del paziente a 360°. In realtà è necessario valutare a fondo anche gli aspetti psicologici e sociali di questa malattia.

Oltre al paziente stesso bisognerebbe assistere anche a livello psicologico genitori e familiari.

Per approfondire l’argomento vedi:

  • https://www.orpha.net/consor/cgi-bin/OC_Exp.php?lng=it&Expert=710
  • https://www.my-personaltrainer.it/salute-benessere/sindrome-pfeiffer.html

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